Immagine

E se l’odio che alberga sul web ci influenza?

Se indosso quel capo potrò piacere? Se mi atteggio a far la dura o sfoggio il mio sorriso migliore piacerò a chi mi vedrà? E se anche con una semplice frase o riflessione e con un naturale scatto mi attaccheranno? Se il popolo che naviga e vive i social mi scrive parole dure e offensive, sarò in grado di difendermi o di lasciar perdere e non farmi influenzare? Quante domande ci si pone a volte prima di pubblicare una foto o prima di trattare un argomento su cui vorremo far riflettere o semplicemente condividere. Dietro i nickname che gravitano in rete ci possono essere persone di qualsiasi tipo. Persone che non si curano dei sentimenti altrui, persone che si definiscono i disturbatori, che per principio odiano tutto e tutti. I cosiddetti internet haters. Gli haters non hanno distinzione di genere e neanche di età, e provengono da qualsiasi estrazione sociale. Gli haters sfogano nel linguaggio il loro odio, il loro disappunto, il loro essere diverso dagli altri. Chi abita il mondo social è più che consapevole che dall’altra parte del display esiste una gran fetta di individui pronti a denigrare, a calunniare ed offendere in modo anche molto volgare. Oltre agli haters, il mondo virtuale è costellato da diverse figure come i troll, in altre parole sono utenti aggressivi e provocatori, utenti che provocano senza alcun motivo solo per dar fastidio. La realtà del web non solo conta i suddetti personaggi ma include due fenomeni. Il primo è il conosciutissimo cyberbullismo, che è una forma di prevaricazione volontaria e ripetuta attraverso la rete. Il secondo è il meno conosciuto ma pur sempre presente shitstorm (letteralmente ‘tempesta di cacca’), il fenomeno in cui un numero consistente di persone esprime il proprio dissenso. Tutte queste realtà aumentano a dismisura e noi sappiamo fronteggiarle? E’ possibile che ci sentiamo intimiditi tanto da mutare la nostra immagine? Quali sono le misure difensive che prendiamo in considerazione? E soprattutto, ne prendiamo? Questi fenomeni non sono simili alle banali critiche che possono giungere più o meno da chi ci vede, ma sono intrisi di odio feroce e di voglia di ferire, ecco perché ogni parola scritta punterà in particolare ai possibili difetti di ogni loro vittima. Si dice ‘bene o male purché se ne parli‘, ma siamo sicuri che questa frase non è solo uno scudo a ciò che veramente si prova quando si viene attaccati? Qualsiasi parola può metterci in crisi. Anche la persona più razionale possibile può sentire vacillare la propria sicurezza. E’ possibile che una volta stati attaccati ci possiamo sentire fragili e influenzati dall’attacco tanto da chiuderci in noi stessi e mostrare ciò che si aspettano e non ciò che siamo realmente. Addirittura c’è chi scompare dai social proprio per la paura di essere di nuovo ‘sotto attacco’. Farci intimorire, annullarci e portarci a fare mille domande su come dobbiamo essere per piacere non credo sia la strada giusta da intraprendere. Penso che ognuno di noi dovrebbe trovare la chiave giusta per affrontare e superare. Penso che ognuno di noi sa bene se voler essere una vittima o un combattente.

Immagine

Ispirarsi o copiare? Questo è il dilemma

Persuadere e sedurre chi ci segue o chi ci ascolta attraverso il nostro modo di pensare e di agire è la stessa cosa di quando cerchiamo attraverso un abito o un look di rendere attraente la nostra figura. Siamo noi, in prima persona, con il nostro essere ad attirare o a respingere. Siamo noi che dobbiamo lavorare su noi stessi per vestire al meglio la nostra natura e affascinare chi ci vede. Ma siamo sicuri di farlo nella maniera giusta? Siamo certi che presentiamo noi stessi e non la brutta copia di qualcun altro? Quando apprezziamo o ammiriamo un look di una persona cerchiamo di prenderne spunto e di adattarlo a noi distinguendoci comunque da chi ci ha influenzato. Copiare invece il look o il modo di essere di quella persona rischia di ricalcare un film già visto, di essere il copia e incolla di ciò che esiste già. Siamo capaci di capire il senso delle due azioni? Prendere spunto vuol dire prendere ispirazione, partire da qualcosa, avere un punto di partenza e creare ciò che è più consono alla nostra persona. Si coglie quell’occasione che si presenta per realizzare qualcosa. Risulta un suggerimento, dal quale suggerimento si delinea la nostra idea e non l’idea della fonte, si elabora quell’idea. Prendere spunto vuol dire offrire un motivo di riflessione e fare propria quella riflessione sulla base del proprio background, a sostegno della propria formazione di individuo, di persona unica. Presentare noi attraverso la parola o attraverso l’immagine vuol dire esibire ciò di cui siamo capaci, spingere gli altri a percepire le nostre attitudini. Ognuno di noi è unico nel suo genere per questo ciascuno stimola per ciò che regala di sè. Donare la copia di un’altra persona, emulare qualcuno che si ammira non porta a niente se non ad essere dei cloni. Perché si copia? Perché forse non si è creativi, perché forse si ha timore di non allettare, perché forse si vuole ricevere gli stessi consensi di chi si copia. Essere copia vuol dire essere imitazione nel modo più omogeneo possibile. Un aspetto del copiare può essere il subire l’elevata influenza delle persone che si seguono e inconsciamente rischiare di proporre concetti o idee simili. Copiare non fa altro che danneggiare la propria immagine, o che lo si faccia in maniera inconscia o consapevole il copiare non porta altro che ad una mancanza di personalità. Qualsiasi sia il campo, qualsiasi sia l’ argomento bisogna sempre avere chiaro il confine tra ispirarsi e copiare, se non si ha una netta visione dell’uno e dell’altro allora tutto è soggetto a mescolarsi e cadere nel dimenticatoio. Nessuno attrae se è un facsimile di un altro, e nessuno invoglia se prende ispirazione senza dare un contributo personale, intimo e soggettivo. Ispirarsi è una forte spinta ad agire, è dare sfogo alla propria creatività attraverso chi seguiamo. Ispirarsi è risvegliare ciò che tace in noi. Copiare è assomigliare a qualcun altro e non a se stessi. Oscar Wilde diceva “la maggior parte delle persone sono altre persone. I loro pensieri sono opinioni di qualcun altro, la loro vita un’imitazione, le loro passioni una citazione.”