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Il mondo di AlterEgo

Pensate per un attimo di oltrepassare una porta di vetro e di trovarvi in una dimensione in cui il vostro IO diventa espressione del vostro animo. Un animo che può essere di qualsiasi colore, che può indossare qualsiasi stile, dal più elegante al più casual. Un animo capace di giocare con il vostro volto e il vostro corpo. Un animo che si diverte a diventare ciò che vuole. Libero da qualsiasi vincolo e restrizione. Tutto questo succede varcando la soglia di AlterEgo.

Sarebbe banale chiamarlo negozio, perchè è una realtà che ti porta a vestire un altro te stesso. Avete mai provato quella sensazione di guardare dall’esterno voi stessi? Avete mai pensato di essere spettatori e attori di voi stessi nello stesso tempo? AlterEgo vi mette nella condizione di essere liberi di scegliere chi volete apparire. Regala l’aspetto delle emozioni. E ogni volta che indosserete quel look scelto da AlterEgo vivrete lo stesso effetto.

AlterEgo con me si è divertito a sfidare le mie sfumature. Le ha coccolate, le ha avvolte, le ha corteggiate e le ha esibite. Ha avuto il potere di disegnare sfaccettature della mia personalità. Ridendo e scherzando ha puntato alle sensazioni che si provano quando l’espressione cambia ogni volta che il corpo viene abbracciato da un tessuto o viene illuminato da un colore. Ha mostrato un altro IO quando lo stile maschile ha toccato la mia pelle. Ha sfoggiato il mio lato femminile quando ha deciso di gareggiare con il mio gusto. AlterEgo è l’amplificazione del nostro IO attraverso l’accostamento di capi e accessori.

Appena sono entrata l’atmosfera che ho respirato è stata di estrema accuratezza nei dettagli. Ciò che fa uno stile è il dettaglio, dal più semplice al più ricercato. Il potere di mostrare anche solo con un capo la sensazione di un look, nella realtà AlterEgo trova la sua dimora. AlterEgo ti aiuta con semplicità a scoprire te stesso in diversi occasioni. La differenza non la fanno i vestiti che si possono trovare ovunque, ma la fa ciò che si assaggia quando si vive l’idea che AlterEgo propone e suggerisce una volta che si entra nel suo mondo. Il suo messaggio è lontano dal tipico negozio.

“Sii te stesso e se il tuo IO, qualsiasi esso sia, vuole osare, cambiare, provare, sentire, dagli voce”. Questa frase racchiude ciò che è il messaggio di AlterEgo. Non serve fare voli estremi basta fare un viaggio nell’interiorità attraverso l’esteriorità. AlterEgo lo permette!

https://www.instagram.com/alteregoberardi/

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Un abbraccio caldo e molto chic!

Quando si sceglie un capo di abbigliamento si pensa sempre alla forma del corpo. Quanti articoli si leggono dal titolo ‘scegliere il capo in base alla forma del corpo’ oppure ‘la forma a pera, a mela, a clessidra veste…’. Insomma tutto sembra rispondere al profilo del corpo. E se partissimo da come il nostro corpo si sente con quel determinato abito o vestito? E se considerassimo il nostro riflesso allo specchio, quando vestiamo un capo di abbigliamento, in modo obiettivo senza farci influenzare da canoni, prototipi o dicerie? Se avessimo la mente sgombra da ogni regola e dettami che impongono il più delle volte l’adattamento del nostro corpo ad uno stile che magari non corrisponde a ciò che è meglio per noi? Rispondendo Si a tutte queste domande si riuscirebbe a non stare dietro alle forme o ai contorni, ma a come ci sentiamo e ci vediamo. Saremmo anche in grado di valutare se quell’abito risponde alle nostre esigenze, ai nostri desideri.

Partendo da questa premessa il capo di abbigliamento su cui voglio soffermarmi è il cappotto vestaglia. Tutti gli abiti si interpretano, si rivisitano, si creano e il cappotto vestaglia è uno di questi abiti. La cintura a corredo del cappotto sembra un accessorio ma ha il potere di regalare quel senso di comfort che si sente quando si usa la vestaglia da camera. La sensazione di essere avvolti e di sentirsi al sicuro come a casa rende questo stile di cappotto ancora più unico. Questo tipo di cappotto porta il nome di Doglietta apparso nei primi dell’ 800 e creato con tessuti pregiati. Le linee morbide e delicate del cappotto vestaglia lo rendono adatto ad ogni occasione, perché non solo diventano complici di uno stile elegante ma incorniciano uno stile casual e informale. Gli ingredienti principali che il cappotto vestaglia deve avere sono: l’essere confortevole, l’essere caldo e l’essere chic. Il mix di questi elementi lo rendono il capospalla per eccellenza. Il cappotto vestaglia riveste un ruolo strategico dato che la cintura in vita lo rende versatile. Se la cintura non si allaccia allora la figura si mostrerà in modo lineare dando quel tocco di scioltezza e naturalezza, se invece la si annoda allora la silhouette si sentirà cingere in un abbraccio e metterà in evidenza ancora di più la persona. L’inverno può essere freddo e gelido ma vestire capi che rimandano al calore di casa o ad un calore più intimo sicuramente allieterà quella sensazione da brividi. Il cappotto vestaglia è uno dei capi di abbigliamento più sofisticati che si possa indossare durante il periodo invernale.

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Seta e pizzo: due volti di una Donna!

La seta è morbida come le forme di una Donna. Il pizzo è un ricamo semplice e complesso come il carattere di una Donna. Insieme i due tessuti possono rappresentare i volti di una Donna. Entrambi mixandosi richiamano una miscela di colori dell’essere Donna. Possono sembrare a prima vista stoffe lineari ed essenziali, ma hanno una caratteristica predominante, quella dell’unicità. Ogni trama è a sè. Ogni intreccio di filato ha una sua forma. All’apparenza tutto è uguale, tutto sembra simile, ma scavando ogni ordito è singolare, cosi come lo è ogni Donna. La seta e il pizzo possiedono lucentezza e prerogativa di pregio.

Il pizzo è lussuoso, sexy, romantico. Il pizzo delinea una forma, un disegno, un rilievo della cucitura che si sente al tatto. Allo stesso modo il carattere di una Donna può risaltare in tutta la sua sostanza. Il pizzo risulta un tessuto che mostra e non mostra, che mette in evidenza ma velando. Il pizzo stimola fantasie che anticipano il piacere. Un Donna come il pizzo può alludere senza dire, può dire senza scoprirsi, può sedurre mostrando il suo stile.

La seta per la sua produzione naturale ricorda la natura della Donna, una natura accogliente e avvolgente. La seta è un tessuto che riflette la luce in modo inimitabile tanto che riesce ad assorbire le tinture offrendo tante sfumature. Così è una Donna che con la sua consapevolezza riesce a vestirsi di tante nuance. La seta è liscia e delicata, come la pelle di una Donna. La seta sembra sfuggire al tatto, è scivolosa ma fa bramare il tocco stesso. Anche la Donna a volte è inafferrabile ma porta a desiderarla ancor di più.

Capi di abbigliamento che fanno incontrare sia il pizzo che la seta diventano sciccheria, eleganza e incanto. La Donna ha in sè tutti questi requisiti. L’abbinamento e l’accoppiata di questi due tessuti rendono il capo raffinato e apprezzato. Anche solo un dettaglio di una delle due stoffe accostato all’altra firma il capo come abbigliamento di classe. Entrambi i tessuti sono capricciosi così come la Donna, con quel pizzico di stravaganza che la rende originale. Le linee scivolose della seta si intrecciano con le onde increspate del pizzo e creano la combo perfetta per capi ricercati e sofisticati, mantenendo essenzialità. Proprio come la Donna che è un cocktail di ingredienti chic, accurati, fini e distinti. La seta e il pizzo sono due facce, due nature che insieme danno vita a ciò che è la Donna. Indossando un capo in cui entrambi fanno da padrone, la Donna mostra il suo essere impalpabile e malleabile, ma anche rigoroso e prezioso. Entrambi i tessuti raccontano la storia di ogni Donna ogni volta che toccano la sua pelle.

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La mia linea di lingerie grazie alle mani di LiLy Lingerie!

Avete presente quando sentite dentro la voglia di vivere un’altra sfumatura di voi? Quando tutto quello che volete è arricchirvi del desiderio della vista di quella ombreggiatura? Ecco, per dare linfa vitale a questa traccia dovevo immergermi nel suo chiaroscuro. E così ho fatto. La lingerie per me è stata sempre un richiamo all’essere seducente. I tessuti come la seta, il raso, il pizzo, il tulle, usati per l’intimo hanno avuto su di me sempre un enorme fascino. L’intimo donna con i suoi diversi capi mi ha sempre attratta. Delinea la femminilità e dipinge la sensualità. Incornicia l’essere Donna nella sua unicità. Regala al corpo femminile una consapevolezza audace. Per questo non potevo non dar seguito al bisogno di indossare lingerie fatta apposta su di me. Una linea di abbigliamento intimo creata per me, sul mio corpo e sul mio essere. Capi dai tessuti e dai colori che prediligo. Per fare ciò dovevo cercare le persone giuste. Dovevo cercare chi sa maneggiare la lingerie. Chi sa cosa vuol dire esaltare le peculiarità di una Donna attraverso un capo intimo. Chi sa essere di ampie vedute pur avendo esperienza di anni e anni alle spalle tanto da essere matura nella propria artigianalità. La mia idea era creare una sorta di sinergia tra ciò che la mia mente suggeriva al mio corpo di indossare e chi avrebbe reso concreto il tutto. La ricerca doveva rispondere non solo a trovare un accordo ma soprattutto ad instaurare fiducia tra me e l’artigiano.

Quando scrissi a loro lo feci senza aspettative. Speravo di aver scelto bene ma non pensavo che il loro modo di essere potesse collimare in modo ineccepibile con il mio. Loro sarebbero state le mani, io sarei stata il corpo, ed entrambi saremmo stati una unione di menti. Quando entrai nel laboratorio artigianale a Castelfiorentino di Anna e Lisa ciò che mi accolse fu il sorriso. Entrambe molto ospitali. Laboratorio colmo di tessuti e capi confezionati. Sulle spalle una esperienza di 30 anni, lavorando sempre per conto terzi. Il loro è stato un lavoro da dietro le quinte. I loro prodotti erano da collante con il mondo esterno. Non figuravano loro ma entravano in scena i loro capi presentati da altri. I capi di intimo donna artigianali hanno la caratteristica principale di coccolare l’anima più intima e nascosta. Ogni capo di lingerie risulta come un’emozione intrinseca. E dato che per Anna e Lisa le loro creazioni dovevano entrare in empatia con ogni Donna che le avrebbe indossate, ad ottobre 2020 fecero nascere il loro marchio. Diedero vita al loro logo. Produssero capi di lingerie con il proprio gusto e trasferirono in loro non solo la passione ma anche la loro anima. Tutto ciò che creano passa per diversi step di lavorazione. Anna e Lisa scelgono i tessuti, tutti esclusivamente made in Italy. Stoffe di alta qualità. Ideano il capo e 15 sarte le aiutano a renderlo reale. Ricontrollano e rivedono il prodotto finale ed lo mostrano sul loro sito https://www.lilylingerie.it/

Cura dei dettagli, qualità pregiata, professionalità rara, disponibilità esemplare. Tutto questo mi ha portato a scegliere loro come artigiane della mia linea di lingerie.

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Vestire è sinonimo di desiderare!

Vestirsi è un’esigenza, una necessità. Ci si veste per coprirsi o ci si veste per mostrarsi o per essere desiderati? Ci sono tante domande dietro il comportamento del vestirsi. Perché si sceglie un tipo di capo, perché si indossa un colore, o un abbinamento di colori? Perché scegliamo di vestirci in base al contesto o all’occasione? Allora è vero che il vestito fa il monaco? E se il vestito fosse un’arma? Se vedessimo i vestiti che indossiamo come mezzi per raggiungere un fine? E’ possibile che indossare un capo mostri i nostri desideri. E’ possibile che quel vestito sia capace di mettere in luce il nostro io nascosto. La consapevolezza della scelta di un abito è essa stessa espressione palese dei nostri desideri. Il vestirci non è solo uno stato d’animo ma è anche uno svelare i nostri desideri. Ognuno di noi raffigura il proprio io come meglio crede ma senza considerare che quell’io è ricco di desideri. Il desiderio di apparire, il desiderio di nascondersi da occhi altrui, il desiderio di piacere, il desiderio di provocare, di immaginare, di giocare. Desiderare di essere qualcuno che di solito si ammira. Il desiderio di far sentire ciò che si pensa o come si vive. Vestire è sinonimo di desiderare. Il vestire influisce non solo su gli altri ma soprattutto e in prima battuta su noi stessi. Siamo noi che desideriamo e siamo sempre noi che indossiamo. Basta avere chiaro i nostri desideri. Quando ci vestiamo non esiste solo l’obiettivo di mandare un messaggio ma siamo noi stessi il messaggio. Vestire un abito, o qualsiasi altro capo, si trasforma in comportamenti, in sfumature di personalità. Ad esempio, una persona che veste senza badare a nulla, dal colore al modello, al capo in sè, ha il desiderio intrinseco di mostrare che non è schiava di cose materiali, questo atteggiamento è esprimere la sua noncuranza verso la parte esteriore. Quindi tutti in modo indistinto vestiamo i nostri desideri. Essere bravi a far emergere i propri desideri attraverso il vestire aumenta l’empatia di chi ci vede. Avere una risposta al nostro messaggio quando ci vestiamo aumenta il nostro ego, oppure può far lavorare su noi stessi o ancora può insegnare ad avere più sicurezza e fiducia in noi. Il vestire si incrocia con i nostri desideri quando elementi come padronanza, consapevolezza e coraggio diventano alleati del nostro apparire. La vera sfida sta nel portare fuori ciò che è dentro, magari celato, magari timoroso, o solo ancora non ascoltato. I desideri vanno manifestati e allora perché non farlo con i mezzi che abbiamo a nostra disposizione? Come un guardaroba è fatto di tanti vestiti anche i nostri desideri sono tanti e variegati. I vestiti non solo interagiscono con il nostro corpo ma soprattutto con ciò che desideriamo essere. Un pensiero libero di desiderare, una mente cosciente di essere e un corpo pronto ad esaudire, tutto questo regala una visione ampia del vestire.

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Gender!

Troppi sono gli articoli che portano a confondere le idee, e quindi spetta a noi informarci su cosa abbraccia questo termine, abbiamo il dovere di interpretare il giusto significato dei termini. A volte l’arroganza nel sapere non dà la visione chiara del concetto che si nasconde dietro ogni vocabolo. La lettura di diverse fonti, il discernere ciò che è fazioso da ciò che è imparziale dovrebbero caratterizzare il punto di partenza per comprendere. Andare in fondo alla questione che porta all’esistenza di varie posizioni dovrebbe essere l’arma da usare per arrivare ad una nostra conclusione. Solo questi step possono dare un quadro specifico e descrittivo.

Gender è una parola inglese che significa Genere. Il termine Genere teoricamente fa una distinzione tra due ambiti che appartengono all’essere umano. Da un lato il sesso che è un dato biologico, naturale, è un fattore o una caratteristica a cui non possiamo opporci, nasciamo con un sesso che è determinato dai geni. Dall’altro lato, il genere che non è dettato dalla nascita ma progredisce e si evolve durante la vita. Il genere stabilisce l’identità sessuale di un individuo. Il genere contempla l’influenza culturale, ambientale, sociale, storica, ideologica del luogo dove l’essere cresce e si sviluppa. Il sesso e il genere sono due realtà che non devono necessariamente coincidere, ognuno deve sentirsi libero di esprimersi. Il perché sia nata la teoria Gender, i movimenti contro la teoria Gender, le posizioni di cattolici, religiosi contro la teoria Gender, non fanno altro che far nascere ogni volta un tornado. Creano discussioni e opinioni che non portano a nulla di oggettivo. A mio avviso danno origine a confusione e a prendere le distanze da chi la pensa diversamente o da chi semplicemente accetta il libero pensiero. Tutto sembra rispondere a teorie complottistiche, tutti pensano ad atteggiamenti di corruzione. Ma perché non accettare chi la pensa diversamente da te? Perché non lasciare vivere i desideri di ognuno? Perché non rispettare il pensiero altrui?

Nel campo della Moda la teoria Gender ha diviso la società. Uomini che si truccano e indossano gonne, donne che vestono abiti dal taglio maschile, erano e sono tutt’ora difficile da accogliere. Nel 1984, Jean-Paul Gaultier scandalizzò le passerelle di Parigi presentando la sua iconica collezione Men in Skirts. I modelli della sfilata maschile indossarono gonne di ogni forma e dimensione, da quelle aderenti per l’ufficio a più elaborati strascichi da sera. Gli integralisti gridarono allo scandalo, ma anche oggi purtroppo è così. E’ contro natura, porta ad un fraintendimento dell’essere umano, quale educazione si può impartire ai bambini se tutto questo si accetta? Queste e tante altre accuse vengono mosse da chi vede la teoria Gender come il male. Questo modo di agire non ha a che fare con i gusti, con le preferenze, con le soggettive inclinazioni. Ha a che fare con i canoni che la norma prevede. Non rientri in quelle ‘regole’ allora sei bandito, sei offeso e bistrattato. Quando in Italia comparve la prima gonna-pantalone dello stilista francese Paul Poiret, la jupe-culotte, i giornali parlarono di donne assalite, molestate e ingiuriate per strada perché colpevoli di vestirsi come i maschi. Fatti accaduti negli anni ’10. Oggi anche se ci troviamo negli anni 2000 non mi sembra che le cose siano cambiate.

Per vari secoli le donne e gli uomini hanno indossato vestiti uguali. Le tuniche, le toghe, le stole e le pelli non avevano genere. Non si tratta di cancellare il sesso di appartenenza ma si tratta solo di sentirsi liberi di vestire come si vuole, di essere come ci si sente. Le emozioni, le sensazioni, i sentimenti, ciò che si prova, non rispondono all’essere maschio o femmina, ma rispondono all’essere vivente. Etichette, cliché e stereotipi sono catene invisibili, sono freni alla propria espressione di individuo, di genere.

Percepire il nostro corpo non riguarda solo ed esclusivamente la nostra dimensione biologica. Bisogna considerare il nostro corpo collegato al nostro volere di essere pensante!

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L’ arte della provocazione

La provocazione è un’arte. L’arte si ciba di provocazione e ne offre a chi è digiuno. E’ proprio nell’arte contemporanea che la provocazione trova il suo riflesso, trova la sua massima espressione. Fonte della provocazione sono immagini che nella vita reale scandalizzerebbero ma esposte in una galleria d’arte prendono tutto un altro valore. Il pittore Andy Warhol provocò non poco, basti ricordare il disegno che creò per la copertina di un album musicale, una banana sullo sfondo bianco. Non da meno e più recente è l’artista Maurizio Cattelan che con una delle sue opere provoca rendendo tutto memorabile, il dito medio eretto di fronte alla sede della Borsa di Milano. Come si impara dall’arte la provocazione non è fine a se stessa ma ha un obiettivo, quello di suscitare riflessione. La provocazione, che sia essa usata come un atto seduttivo o che sia adoperata per avere una reazione da parte dello spettatore o interlocutore, ha insito in sè il compito di accendere pareri o repliche. La provocazione nell’arte si basa sul concetto della denuncia di un pensiero, di una idea, ed è proprio per questo che è più protesa al concettualismo invece che alla classica bellezza d’arte. L’arte ha la capacità di provocare effetti diversi a seconda di cosa viene interpretato dal proprio punto di vista. Anche una foto o una immagine scattata può provocare meraviglia, stupore, ma anche indignazione. Può sedurre, mandare messaggi accattivanti e avere come risposte espressioni di desideri sessuali. Oppure può provocare stimoli intellettivi. Chi si avvale dell’arte della provocazione può portare allo scoperto colui che interagisce con la provocazione stessa. Non tutti hanno la capacità di provocare reazioni in coloro che in condizioni normali non mettono in mostra il loro punto di vista o la loro opinione. E’ più facile lasciar perdere che accogliere una provocazione. E’ più facile rimanere passivi che essere coraggiosi di rispondere a colui che provoca. Chi provoca in modo intelligente, con sottigliezza e finezza apre le strade a dibattiti appassionati, ospita posizioni soggettive che portano alla conoscenza di chi si trova in quel virtuale salotto. La provocazione ha un ruolo predominante anche nella Moda. La Moda ama lanciare nuove tendenze provocando stupore. Provoca a livello sessuale, sociologico, politico, religioso, insomma sa provocare in ogni ambito e lo fa facendo parlare di sè, e facendo sfilare l’arte della provocazione. L’ arte della provocazione ha caratteristiche proprie che rispondono a termini come sconvolgente, disorientante, indipendente. Essere artisti nella provocazione vuol dire puntare su se stessi i riflettori, vuol dire essere sagace nell’attirare l’attenzione su se stessi, ed essere bravi maestri nello spingere chi è all’ ascolto o chi guarda ad intervenire dando la propria interpretazione o facendo uscire allo scoperto il proprio pensiero. L’arte della provocazione invia messaggi di vari gradi di importanza affinché questi messaggi stessi siano recepiti e valutati, e su cui ognuno venga stimolato.

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Parte emotiva e parte razionale: due fili di una stessa trama!

Mai avremmo pensato di vivere un periodo cosi altalenante. Mai ci saremmo proiettati a vivere un momento così complesso e a tratti anche incomprensibile. Non avremmo mai creduto che la nostra libertà potesse essere messa così a dura prova. Eppure ci troviamo a vivere un mese cosi magico, dicembre, con uno stato d’animo che oscilla tra l’essere emotivo e l’essere razionale. La nostra mente emotiva combatte con quella razionale, si scontra, e a seconda delle occasioni, l’una prevale sull’altra e viceversa in modo netto. Quando usiamo la parte emotiva e quando quella razionale? Cosa usare e in quali circostanze usare l’una rispetto all’altra? Si passa dall’usarle durante la semplice scelta di indossare un abito, all’usarle per affrontare problemi, passando nell’usarle per la quotidianità. Ma nell’utilizzare una piuttosto che un’altra abbiamo chiaro il perché? Essere mossi dall’emotività o dalla razionalità porta a seguire diverse scelte, porta a percorrere diverse direzioni. L’esser consapevole di aver fatto vincere una parte invece che un’ altra ci pone nella condizione di chiederci sempre se è stata la giusta decisione oppure no, e sia nell’uno che nell’altro caso il pentirsi non deve essere una scusante. L’emotività comprende l’esser istintivo, la razionalità include l’esser riflessivo. Entrambe fanno parte dell’essere umano, ed entrambe devono essere parti attive di Noi. Ogni cosa che ci si pone davanti, ogni situazione o periodo, dovrebbero essere osservati in maniera meticolosa e affrontati conoscendo la natura emotiva e razionale che comanda. Metterci nei panni di spettatore della nostra mente non fa altro che mettere una lente d’ingrandimento su Noi stessi e valutare il nostro agire in qualsiasi occasione. Riuscire a vedere la nostra parte dominante fa comprendere ancora di più ciò che siamo. Comunicare con se stessi per mostrare ed esprimere Noi anche solo banalmente con un look dovrebbe essere alla base di un viaggio nell’interiorità. Il proprio stile viaggia attraverso l’esteriorità passando dalla nostra mente e da ciò che essa produce, per questo quando il cervello emotivo e il cervello razionale trovano un punto d’incontro allora si è conquistata l’armonia con il sorriso. Un sorriso che non coinvolge solo le labbra ma che trascina anche i muscoli degli occhi, un sorriso che prende il nome di sorridere con gli occhi. L’ emotività di solito predomina in varie occasioni, anche la sua etimologia, muovere verso, conferma un primato sulla razionalità che invece delinea la destinazione, ovvero la conoscenza e l’analisi di determinate situazioni. La razionalità ci porta alla conoscenza, l’emotività ci porta all’azione. Per avere il giusto modello di equilibrio dovrebbero entrare in gioco entrambe. La parte emotiva dovrebbe intrecciarsi con quella razionale dando forma e figura a ciò che siamo nel bene e nel male. Se dovessimo raffigurare questo intreccio allora potremo dire che l’abito che si indossa è la parte emotiva e chi lo indossa è la parte razionale. Un contenuto emotivo per un contenitore razionale. Il legame è talmente stretto che uno non può esistere senza l’altro, ed entrambi rispondono alle caratteristiche e alle informazioni che ogni essere possiede.

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Far vivere anche la parte più dark

Quando si indossa qualcosa che esalta una delle tante sfumature di cui si è fatti ci si immerge in una dimensione diversa dal solito e a volte segreta. A volte ciò che è segreto dovrebbe rimanere nell’ombra, dovrebbe avere il colore del buio, dovrebbe anche spaventare, ma l’oscuro ha il suo fascino. L’ inconfessato ha sempre un sapore seducente. Per questo si cerca di dargli luce e di far risplendere la sua tonalità. Sono tante le armi e gli strumenti che hanno questa capacità, che portano a galla la misteriosa parte nascosta. A volte siamo noi stessi a darle vita, altre volte sono gli altri ad accarezzarla e farla vivere. Chi di noi non custodisce in maniera attenta quell’essere segreto, quella parte profonda che si intravede a volte in capi di abbigliamento, in look sfoggiati per determinate occasioni, o solo percepita da tenui atteggiamenti? Ciò che è segreto risulta essere un territorio inesplorato e quando si intuisce non sempre lo si vuole percorrere per timore di non approvare o di non essere approvati. Ma quando esce fuori è perché ci si sente spinti dal voler essere se stessi e dal volersi apprezzare lontano dagli standard imposti. La medaglia ha sempre due facce, quando si mostra una l’altra resta a riparo da occhi. Entrambe però, che sia in contesti diversi o in momenti precisi, devono vivere. Può succedere che non si riesca a riconoscere alcuna sfumatura segreta, ma forse perché non si riesce ad individuarla o ammetterla, oppure non le si dà importanza o valore. Quando invece le si vuole dare libero sfogo ecco che la si lascia libera di vagare. Una differenza sostanziale che esiste quando si mostra una faccia della medaglia rispetto ad un’altra sta tra il volere attrarre l’attenzione a tutti i costi e l’ avere il reale desiderio di vivere tutto, di essere autentici anche nel vivere tutto. Ciò che si palesa, ciò che esce dall’oscurità si mette in vetrina e narra ciò che fino ad allora era rimasto inespresso. Quando quella faccia celata viene alla luce lo fa in ambienti non visibili a tutti e ne trae appagamento. Cosa comporta svelare una parte segreta di noi a persone scelte? Cosa crea in noi il pensiero di regalare luminosità a ciò che era al buio? Siamo sicuri che la nostra parte più oscura ha il coraggio di mostrarsi o vuole solo rimanere nel suo protetto habitat? Se ci si riflette la risposta è racchiusa in una parola, ‘libertà’. Quanto è importante sentirsi liberi di agire, di essere, di volere, di desiderare, semplicemente di vivere! Basta riuscire a guardare dentro il segreto, lasciarlo specchiare e farlo riflettere affinché possa vivere in un altro mondo. Ma se lo si fa vivere non è più segreto? Certo che rimane segreto, perché si limita a vivere come merita solo in un ambito ristretto. Diventa esclusivo per se stessi e per chi ne è lodevole di nota. Come quando vogliamo farci vestire da un abito nero che sappiamo ci farà brillare perché solo modellato al nostro corpo crea quel mix perfetto per prendere parte ad una serata irripetibile.

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Alla ricerca delle proporzioni

Quando ci si veste o si sceglie di portare un accessorio, di solito non si dà importanza a ciò che sono le proporzioni del nostro corpo. Ormai ci si sbizzarrisce con capi oversize su corpi minuti e abiti microscopici su corpi generosi. Si portano borse dalle dimensioni esagerate che non risultano in proporzione con la statura di una persona. Non si tratta di coprire difetti o esporre pregi, non seguire le proprie proporzioni e indossare di tutto, senza fare attenzione alla grandezza, non fa altro che ingolfare la figura. Un termine adatto, che sottolinea questa mancanza di attenzione al proprio corpo quando ci si veste, è infagottare. Si imbottisce il corpo di strati di tessuto oppure ci si avvolge in stretti abiti tanto da far uscire quello che non ci entra. Nella vita si cerca sempre l’obiettivo dell’equilibrio, si cerca l’armonia nelle cose, si cerca di vivere rapportando tutto a ciò che abbiamo, che possediamo e che ci circonda, e allora perché non farlo anche nel vestire? Se si pensa ancora all’idea che la moda impone, allora non si ha chiaro cosa voglia dire personalizzare il proprio stile, vivere se stessi mostrandosi attraverso i look che si indossano. Dal senso della vista si percepiscono diverse informazioni come e soprattutto le forme, le consistenze, la persona e le proporzioni. A volte non si pensa che un abito, o un accessorio possano avere un potere indescrivibile a tal punto da influenzare la vista di chi ci guarda, e far nascere un’idea di chi siamo o di chi vogliamo essere. Dare l’immagine giusta di noi stessi non è sempre facile, in particolar modo quando si pensa che le proporzioni non sono importanti. Quando ci si veste con l’idea di alludere a cosa siamo allora è inutile scegliere capi adatti, perché nulla può dare la netta e giusta interpretazione di noi se usiamo i vestiti come accenno. Se invece ci si veste per dare l’esatta spiegazione di noi, puntando all’enfatizzazione del nostro corpo e all’ attenzione del tutto armonioso e proporzionato, allora saremo certi di essere sulla strada appropriata per farci leggere. Non si può mai pensare di vedersi proporzionati con capi che non ci danno valore ma che espongono, come su un manichino, la loro prestanza. Le proporzioni per gli artisti e architetti sono fondamentali, dovremo farci influenzare dalla loro ossessione alcune volte per non inciampare in errori e orrori. Le proporzioni dei vestiti devono baciare la nostra forma di corpo per dare significato alla nostra persona. Come nel corpo umano esistono proporzioni tra le varie parti di esso, così esistono proporzioni tra il corpo umano e i vestiti che si indossano. Le proporzioni non si riferiscono solo al volume del capo o dell’accessorio ma anche alle stampe, ai disegni, ai motivi e alla trama dei tessuti.

Quando ci vestiamo cerchiamo di tenere presente il rapporto tra la nostra figura e ciò che portiamo addosso, puntando a far combaciare tutto, tanto da arrivare alla proporzionalità dei due elementi in gioco.