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Black Night

I miei occhi stavano osservando quella struttura, un edificio un pò datato, ma si sa che le cose obsolete hanno all’interno un fascino senza eguali. Non sapevo minimamente cosa mi sarei aspettata. L’invito a quell’evento era stato un allettante modo per entrare e conoscere un mondo di cui avevo solo letto. Fino ad allora non avevo aspettative, anche se qualcosa mi ero prefigurata. Il dress code richiedeva un abbigliamento consono a quel mondo Black, ed io scelsi un total black. Qualcosa che richiamasse una impronta di quell’evento. La serata sarebbe iniziata alle 22 ma io ero già lì dalle 21, l’ingresso era permesso anche prima. Entrando mi girai a guardare la porta che si richiudeva e pensai che non si poteva più tornare indietro, il mondo ‘abituale’ lo avevo lasciato alle mie spalle.

L’atrio era illuminato di luce tenue, ai lati vi erano delle vetrine con all’interno indumenti ‘di scena’. Luccicavano, tanto da aggiungere un tocco chic. Una donna offriva dietro un bancone un drink di benvenuto e accanto un uomo disteso per terra, con un pantalone e una maschera che gli copriva il volto, invitava a premere con le scarpe il suo busto nudo. Si preannunciava una serata molto Black, ed io ero curiosissima e respiravo già libertà. Un secondo ingresso era diviso da un tenda dove entrando lasciavi il tuo nominativo, il cappotto e ogni forma di tradizionalismo. Ero elettrizzata, ogni passo che facevo i miei occhi cercavano di scorgere tutto. Il corridoio era ampio e accompagnava nella sala principale. La realtà che vidi era surreale per quello che viviamo ogni giorno, ma in quel momento, in quell’evento e per quella sera, tutto era tangibile. Vi erano uomini e donne in latex, in indumenti borchiati e succinti, con parti di pelle esposta, con corpi ornati da corde, da collari o imbracature. Alcuni portavano cinture che avvolgevano la carne arrossata, o calze a rete che rendevano il corpo bianco e nero. La maggior parte indossava scarpe altissime muniti di tacco a spillo, che non servivano solo per camminare. La luce colorata rifletteva questa varietà. Una ricchezza di desideri e voglie che si toccavano con gli occhi, si annusavano con l’udito e si ascoltavano con il tatto. Tutti i sensi avevano un loro tragitto che non era detto seguisse quello ordinario. Di consueto c’erano solo le bevande. La mia mente si immerse in tutte le pratiche del mondo kinky. Un mondo libero di esprimersi nelle sue più variegate sfumature e sfaccettature. Mi sono sentita abbracciare da quel potere ludico. In quel mondo ho appurato che non alberga nessun giudizio e la prima regola è il consenso. Tutto è lecito nel massimo rispetto dei ruoli. Un lunapark dalle fantasie più sfrenate. Una dimensione suddivisa in più stanze. Quella del dolore misto al piacere, quella del fetish, quella dell’esibizionismo, quella dello scambismo, quella del voyeurismo, del cuckoldismo, insomma nulla è lasciato al caso, tutto è permesso, basta solo chiedere.

Scendendo ancora più sotto tutto si trasforma. La luce diventa più penombra, l’aria diventa più fredda, la musica si annulla e si sentono solo i rumori. Sprofondi nelle segrete in cui ogni strumento diventa piacere e orgasmo. Lì la concessione e la dominazione vengono servite come un pasto proibito e peccaminoso, basta solo provare. Nulla di tutto quello che vedi, senti e provi è depravazione o perversione nel senso stretto. Ogni cosa che assaggi, con qualsiasi senso, ti ipnotizza e spetta alla tua mente e al tuo volere chiederne di più.

Perchè fermarsi a vivere un solo mondo, se davanti a te esiste una distesa di paesaggi ancora inesplorati?

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L’ arte erotica: Venere di Urbino di Tiziano Vecellio

Una donna nuda, volutamente seducente, distesa su un letto disfatto in una posa naturale e con un unico tratto pudico, la sua mano a coprire il pube, è il dipinto di arte erotica che prendo in considerazione.

Pelle candida e morbida in ogni sua curva. Occhi che guardano fisso chi la potrebbe osservare. Sguardo che la donna usa per affascinare lo spettatore. Sguardo che parla in modo inequivocabile di una donna sicura e consapevole della sua bellezza. Bellezza che prima o poi scomparirà, perchè il tempo se la porterà via, come si nota dal mazzo di rose che tiene in mano. Parte di esso è già privo di alcune rose lasciate cadere sul letto, simbolo della precarietà della bellezza fisica.

Ciò che rimarrà saranno i legami costruiti e le relazioni consolidate, come evidenzia la presenza di un cagnolino rannicchiato ai suoi piedi.

La donna è la dea Venere, colei che è simbolo di femminilità ed erotismo allo stato puro senza alcun elemento volgare. Non si copre, pur avendo il lenzuolo a portata di mano. Non sfugge allo sguardo di chi la guarda. Risulta essere provvista di una singolare sensualità. Lasciva in modo quasi innocente. Il carattere della Venere di Tiziano è molto più provocatorio rispetto ad altre Venere finora dipinte. L’osservatore è esso stesso oggetto di attenzioni del soggetto dipinto. Come se si instaurasse un gioco seduttivo tra la protagonista e il pubblico.

La Venere di Tiziano si mette in mostra. L’ambientazione domestica ritratta nel dipinto non ha alcuno sfondo teatrale o scenico, non dà l’idea del palcoscenico, bensì di una realtà intima e quotidiana. Eppure la donna esibisce il suo fascino senza veli. Il corpo della dea Venere viene messo in evidenza dai colori che usa Tiziano. Colori chiari, luminosi e caldi, associati a colori scuri, ombreggiati e freddi. Questo sodalizio tra i colori mettono in risalto il corpo e la pelle chiara della dea. Quasi eterea ma così reale e carnale da considerarla una donna che si può incontrare ovunque. La Venere dipinta da Tiziano si allontana da quel messaggio di mito e si avvicina all’essenza di una donna terrena. Anche per questo tutti gli elementi erotici e sensuali diventano palpabili, veri e reali. In questa Venere l’innocenza e l’essere provocante si mescolano creando un gioco sensuale e allentante, tanto da essere la Venere più replicata dell’epoca da altri artisti. Il messaggio del dipinto è chiaro. La vita coniugale, la necessità della fiducia e la dimensione erotica, portano l’opera ad avere uno scopo educativo.

Questo dipinto mette in auge l’importanza della dimensione erotica nelle relazioni sentimentali.

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Alla ricerca dei propri Sensi Ribelli: domande e risposte

Quando si pongono domande si ha sempre un doppio fine: il primo quello di soddisfare la curiosità, il secondo quello di conoscere meglio chi si ha davanti. Per questo rispondere alle seguenti domande mi ha regalato la possibilità di inquadrare meglio la mia scrittura, il mio modo di essere e non per ultimo il mio modo di pensare.

Buona lettura.

Chi è Simona Iannini e perchè scrive di erotismo?

Sono una Donna che ha guardato dentro di sè. Una Donna che ha osservato se stessa allo specchio scoprendosi e leggendo varie sfumature di sè. Una Donna che ha scelto di mettere nero su bianco ciò che è l’immaginario erotico, ciò che sono le fantasie erotiche. Quelle stesse fantasie che si affacciano alla mente ma che non si lasciano vivere e a volte si zittiscono. Scrivo di erotismo perchè è la parte di noi più nascosta e mai ostentata. Perchè è sempre presente da quando ci si riconosce incorniciando la nostra personalità. L’erotismo è uno dei nostri volti e ci caratterizza.

Che ruolo gioca l’amplificazione dei sensi nel viaggio di riscoperta di Luna?

I sensi sono il motore dell’introspezione fatta da Luna. I sensi guidano Luna verso un’evoluzione, verso una maggiore consapevolezza di se stessa. Portano Luna ad identificarsi. Per tutto questo, l’amplificazione dei sensi è fondamentale per dare un significato a tutto ciò che prova, sente e le accade.

Credi veramente che spingersi oltre ogni limite per raggiungere un nuovo piacere sia sempre qualcosa di positivo? Non si può rischiare di diventare ossessionati e condizionati da ciò?

L’ambizione sana non fa altro che farci superare i limiti, nel lavoro, negli obiettivi che ci prefiggiamo, nello sport, nella vita in genere. Perchè allora quando si parla di sesso o di erotismo tutto si deve limitare? Perchè il piacere deve essere circoscritto ad un solo ambiente o ad un solo pensiero? Spingersi oltre ogni limite in campo sessuale, mantenendo la lucidità e l’equilibrio, apporta emozioni nuove che rendono piccante l’essere abitudinario. Raggiungere un nuovo piacere è sempre positivo perchè aumenta tassello dopo tassello la conoscenza di se stessi. La comprensione di se stessi sta alla base di ogni rapporto sano. L’ossessione o la dipendenza può sfociare in qualsiasi cosa facciamo, sta a noi usare la testa e non portare nulla ad essere una patologia. Non si può pensare che essendo in un ambito sessuale allora tutto debba rispondere a deviazione o perversione. Proviamo a guardare l’erotismo con con un binocolo o con una lente di ingrandimento piuttosto che guardarlo ad occhio nudo in modo superficiale.

L’esperienza che Luna vive al party non può essere condizionata dalla spettacolarizzazione della vita a cui ci sottopone la nostra società e perciò anche dalla spettacolarizzazione del piacere? E quindi ricavare piacere già solo dal fatto che gli altri osservano ciò che fai?

Esiste un piacere ancora più sottile di quello che si fa per gli altri, ed è quello che guida il nostro piacere attraverso gli altri. Gli altri diventano un mezzo di emozioni per noi stessi. Noi godiamo del desiderio degli altri, non del nostro salire sul palco. Spettacolarizzare il piacere non è altro che esibirlo, metterlo sotto i riflettori, dargli l’importanza che merita. Il piacere diventa ossigeno che fa vibrare ora gli spettatori ora i protagonisti, che si scambiano in modo continuo i loro stessi ruoli. Luna è l’esempio di Donna che gode di se stessa guardandosi con gli occhi del pubblico. E non penso che tutto questo sia condizionato dalla società, bensì dal nostro stesso volere.

Ricercare questa esperienza di esibizione può nascere dall’idea di essere autori, in modo inconscio, di qualcosa di cui si ha pieno controllo, a differenza della vita in cui spesso ci ritroviamo a subire le circostanze?

Freud diceva che l’inconscio è l’insieme di impulsi che non affiorano alla coscienza di noi individui. Quindi avere un desiderio di esibizione è qualcosa di incontrollabile ma che è fondamento del nostro sentirci appagati. In definitiva una parte di noi ricerca continuamente momenti, occasioni, per far vivere l’inconscio. Non credo che la voglia di esibizione derivi da qualcosa di cui si ha pieno controllo, ma a mio avviso scaturisce da un incontenibile appetito. Più si brama un desiderio più si fa di tutto per esaudirlo.

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L’ arte erotica: le Tre Grazie di Peter Paul Rubens

Nel Sei e nel Settecento l’arte subisce dei cambiamenti. L’arte erotica diventa attenta a ciò che è naturale e a ciò che è vero. Sia la pittura che la scultura non raccontano più storie ma comunicano emozioni e sensazioni di tipo mondano, legate alla frivola vita dei nobili del tempo. Tutto sembra respirare di nuovo. La sensualità si apre ad una libertà che non aveva mai provato prima.

Uno dei massimi esponenti di quest’arte libera da ogni preconcetto fu Peter Paul Rubens.

La sua arte venne considerata la quintessenza della carnalità e dell’erotismo. I suoi dipinti mostrano ritmo, energia, movimento e impeto. Lui prediligeva le figure femminili e dava loro una inconsueta sensuale fisicità. Dipingeva una bellezza femminile diversa dai canoni precedenti. Le forme delle donne diventano prosperose, le carni rosate e floride, il tutto sottolineato da una nudità gioiosa e piena di vita. Le donne delle sue tele avevano e hanno tutt’ora un valore reale perchè reale era la loro fisicità. Rappresentava la pelle ora con gonfiori e pieghe, ora tesa o compressa, proprio come nella realtà. Assecondando i sensi, Rubens amplificava la sensazione del tatto.

L’opera di Rubens che voglio prendere in considerazione ha come titolo le Tre Grazie. Tre donne grate alla vita e felici per essere protette dalla natura ma non del tutto consapevoli. L’erotismo che si evidenzia in questo dipinto non è dato solo dalla nudità florida ma anche dal tatto. Le tre donne usano le mani e la posa dei corpi in modo naturale tanto da sembrare realistiche. Le donne presentano segni evidenti di cellulite, pieghe e rotondità, tutto finalizzato a celebrare una bellezza fisica reale, genuina e non virtuale. Le Tre Grazie raffigurano una danza, simile alla danza della vita. Disegnare in modo sinuoso il corpo della donna per Rubens era alla base del suo concetto di bellezza femminile. Il trionfo della carne e della sensualità dei corpi delle donne era l’eco della felicità e della vitalità che l’artista possedeva. Il dipinto mostra una morbidezza che porta ad avere la voglia di toccare. L’opera è così reale che sembra scatenare degli impulsi erotici in chi osserva.

Le Tre Grazie sono state dipinte da vari artisti in diversi periodi, ma quello che rende ancora più significativa la raffigurazione di Rubens è il modo di interpretare il libertinaggio che in quel periodo faceva da padrone.

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L’arte erotica: Ritratto di Simonetta Vespucci di Piero di Cosimo

L’arte erotica seguiva il periodo in cui si esprimeva. Nel Medioevo con l’avvento del Cristianesimo si assiste ad una condanna generalizzata della sessualità e ad una restrizione nel modo di esercitarla. Purtroppo in questo periodo si demonizza la carne e il corpo, assimilandoli a luoghi di depravazione e di peccato, togliendo loro qualsiasi dignità, specialmente per il corpo femminile. In questo periodo si parla di donna peccatrice e tentatrice, di peccati capitali e in particolare di quello della lussuria. La lussuria era raffigurata come una donna demone e veniva scolpita sulle pareti delle chiese, a ricordare che la donna era satana. La chiesa rifiutava qualsiasi carnalità e non mancava di ricordarlo attraverso pitture, disegni, sculture e raffigurazioni in genere. Nonostante questa visione negativa da parte della chiesa, esisteva comunque un immaginario medievale che considerava l’erotismo e la sessualità da un punto di vista positivo. Basti pensare alla rappresentazione di alcune scene del Decameron di Boccaccio. Nel corso del Medioevo con l’avvento della poesia cortese e cavalleresca, il carattere sensuale ed erotico dell’amore si mostra modificando anche i ruoli dei generi. Se prima l’uomo era il corteggiato ora diventa lui il corteggiatore. Se prima la donna era oggetto di proprietà ora viene adulata, venerata, lusingata. Ed ecco che la Donna viene rappresentata nella sua nudità, dando valore a quel corpo che non solo serviva alla maternità ma che era oggetto di desiderio erotico. Pitture che portano la donna in bella vista. Il seno della donna si svela affermando il suo potere erotico.

Nel Rinascimento il seno viene mostrato con naturalezza e consapevolezza. Il seno riveste un ruolo erotico e sensuale senza eguali. Simonetta Vespucci venne celebrata per la sua attraente bellezza dopo il matrimonio con Marco Vespucci. Firenze ne fu ammaliata e Piero di Cosimo ne raffigurò il fascino. Divenne l’icona della bellezza, con quel suo incarnato chiarissimo e i suoi lineamenti puri. Il pittore fonde l’avvenenza di Cleopatra con quella di Simonetta. Il seno svelato non stride, ma è simbolo di quell’appariscenza femminile che il periodo ricerca. L’erotismo è dato da un seno lieve, pallido e appena accennato, sul quale striscia il simbolo del peccato, il serpente. La posa della donna favorisce la visuale dello spettatore dandole un valore in più. Una delle ipotesi di studio su questo dipinto è il simbolo della vanità. La vanità ha in sè parti di erotismo. L’esposizione o l’esibizione del seno non è del tutto privo della stessa vanità. Non vi è un vedo e non vedo, ma la femminilità della donna viene ostentata e messa in piazza.

La rappresentazione dell’esaltazione dell’amore fisico diventa la chiave dell’erotismo nei dipinti rinascimentali.

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Aprire il vaso di Pandora

Ormai sapete che la mia penna va al di là del mero significato dei termini. Che si spinge oltre ciò che è l’interpretazione superficiale e che si estende verso riflessioni che abbracciano filosofie diverse. Insomma sapete che la mia scrittura vive di realtà velate, a cui cerca in modo naturale di scostare quel velo che oscura la visuale a 360 gradi. In questo articolo il mio inchiostro nero scoperchia il Vaso di Pandora.

Il mito del Vaso di Pandora ha come protagonista Pandora, una donna astuta e molto curiosa, e il Vaso che simboleggia una parte occulta perchè chiusa. Pandora, disobbedendo agli ordini del marito, apre il Vaso regalato da Zeus. Dal Vaso escono fuori i mali dell’umanità e fra tutti anche il vizio e l’avidità. Con questa metafora oggi voglio essere Pandora che in modo curioso apre il Vaso. Il Vaso in questo caso ha come raffigurazione un sito d’incontri extraconiugali.

“In Francia tutte le riviste parlano di adulterio. È diventato uno stile di vita”, dice Truchot. “Quando si è infedeli ci si sente rassicurati a sapere di non essere i soli”. Il sito per eccellenza ‘dell’adulterio assistito’ porta il nome di Gleeden. La sua nascita risale a circa 14 anni fa. Continua ad avere successo perchè il vizio, la lussuria, l’avidità sono i desideri inconfessabili dell’essere umano. “Il nostro servizio – continua Truchot – non è che un facilitatore”. Mette in contatto persone accompagnate, sposate o single che cercano evasione senza la certezza del lungo termine, senza la speranza di trovare l’anima gemella, ma solo il desiderio di coinvolgimento sessuale. Troppo effimero? Si può darsi, ma il sesso è diventato un mordi e fuggi e questo sito ne è un esempio. Gleeden si distanzia dagli altri siti sessuali perchè gli uomini per chattare pagano. Quindi ti senti quasi al sicuro di trovare uomini signorili e di grande spessore. Invece è tutt’altro. I vizi capitali sono tali perchè tirano fuori parti celate e oscure. Gleeden apre le porte ad uno zoo fatto di uomini e donne con istinti velati. Il dire che l’apparenza inganna vale anche per questo sito. Ovviamente tutto sembra essere mosso dalla sincerità, dal buon costume, dal fine comune, ma dietro ad una semplice evasione virtuale esiste il desiderio di incontro fisico e sfogo altrettanto fisico. Si parla di affinità e di complicità solo per arrivare all’incontro e decidere se il sentirsi ‘animali sessuali’ è condiviso. Il sito porta a buttar giù barriere che difficilmente nella quotidianità si abbattono e tutto quello che si cerca è sfamare i più primordiali istinti sessuali. Il virtuale è contemplato solo nella misura dell’approccio a volte originale, spesse volte semplice e stanco. La stanchezza deriva dalla sempre minore offerta femminile e dalla maggiore competizione maschile.

Il sito sembra a portata di donna. Una donna sicura di sè che sceglie la trasgressione per evadere dalla propria vita ufficiale. Questo è lo slogan del sito. Sicuramente il sito porta la donna a chiedere, mostrarsi e volere ciò che non ha nella vita di tutti i giorni, ma non è a favore delle donne. Se esistesse il favore allora esso deriverebbe dall’incontrare un uomo che va al di là delle aspettative maschiliste, e dato che è improbabile il favore si ripiega nella speranza di riuscire a trovarne uno che risponde agli stessi obiettivi.

L’uomo Gleeden è l’uomo che si nasconde anche da se stesso. Non ammette a se stesso che tutto quello che vuole non è intavolare una conversazione erotica ma solo arrivare al dunque nell’atto sessuale. Tutto sembra molto ripetitivo. Nessuno fa differenza. Nessuno investe tempo nel relazionarsi. La sfortuna dell’uomo Gleeden sta nel non riuscire a dire che vuole sesso e basta. Ha paura lui stesso di essere giudicato ‘materialista’.

Le donne Gleeden vengono considerate isteriche, arroganti, deluse e brutte, ma la loro sfortuna sta nel non riuscire ad essere se stesse e dire cosa cercano.

Questo sito evidenzia la continua frustrazione che risiede nei confronti del sesso. La continua ricerca di sesso al di fuori dei rapporti quotidiani. Se anche fosse questa la trasgressione più ambita, accettare che si vuole fare sesso con più uomini e donne senza alcun legame, neanche un minimo di considerazione umana, farebbe la differenza.

L’uomo passa da un grado di innocenza ad uno di feroce consapevolezza, ma difficilmente riesce ad assumersi le responsabilità delle scelte fatte.

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L’arte erotica: Il ratto di Proserpina

Ed ecco cimentarmi in una nuova rubrica, che non vuole essere una lezione didattica, dato che basta leggere i libri per avere informazioni ‘scolastiche’, ma ha l’intento di conoscere l’erotismo da un’altro punto di vista, quello rappresentato dall’arte.

La sfera erotica rientra a pieno titolo negli aspetti primari della vita di un individuo, anche se a volte non la si prende in considerazione. Proprio perchè l’erotismo assume un significato e un valore rilevante l’espressione artistica in vari momenti storici ha dato il suo contributo. Ogni artista trasferisce nelle sue opere il proprio vedere e sentire e anche nell’arte erotica avviene ciò. L’erotismo è una idea, un concetto personale. Il desiderio, la passione, l’amore, il tradimento, il dolore, sono tutte espressioni che possono essere raffigurate. Per questo l’arte dal canto suo le ha usate e le usa a suo piacimento. L’erotismo oscilla tra l’eccitazione che porta ad una elevazione intima e la lussuria più sfrenata. Picasso diceva che tra erotismo ed arte non c’è alcuna differenza, quindi coincidono. Il contenuto manifestato da un’opera d’arte può veicolare un messaggio, che mette in luce particolari aspetti della sessualità, della passione, dell’amore, dei sentimenti. Il desiderio sessuale è slegato dalle ragioni del cuore. L’eros nasce nell’armonia tra istinto e creatività. Senza l’eros non può esistere la vita, grazie ad esso viene concepita. Molti artisti hanno saputo rappresentare l’associazione delle passioni del cuore e quelle della carne. Uno fra tutti Gian Lorenzo Bernini.

La prima opera d’arte che voglio analizzare per il suo messaggio erotico è la scultura di Bernini ‘il Ratto di Proserpina’.

Voglio soffermarmi sull’abilità dello scultore nel raffigurare le mani dell’uomo nella sua maggiore rappresentazione virile. Le mani di Plutone hanno una elevata carica erotica nel pretendere ciò che ha rapito. Le dita affondano nella carne sensuale e morbida della giovane fanciulla Proserpina. La figura vigorosa e muscolosa di Plutone trasuda una sfrenata energia sessuale, quasi come se stesse possedendo la donna in quell’istante. Il soggetto maschile viene rappresentato in tutta la sua mascolinità. Quella passione che nasce dall’interno per sfociare in azione. L’artista ha voluto consapevolmente raffigurare il momento fuggevole attraverso la posa, il corpo e l’espressione. La passione sessuale è così fugace che è difficile coglierla, eppure il Bernini l’ha raffigurata nella furia erotica di Plutone. L’erotismo è sottolineato anche dai due corpi che formano un vortice. E la bramosia erotica è suggerita dalle linee d’ombra e dagli occhi del dio degli inferi.

L’arte erotica rende visibile il desiderio.

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I Tabù fanno stare tranquilli?

Sdoganare Tabù vuol dire liberare la mente da vincoli prescritti, tramandati e culturali. Ma il punto su cui mi vorrei soffermare in questo articolo è un altro. Siamo sicuri di voler liberare la mente da questi Tabù? In altre parole, siamo certi che la comodità di averli non serve a proteggere da battaglie morali e sociali? Superare ideologie ormai radicate, far crollare muri che sono eretti da tantissimo tempo, non solo risulta non semplice, ma la volontà di fare ciò non sempre è così forte. Quando si parla di sesso, di sessualità, di educazione sessuale, tutto sembra dirigersi verso la vergogna, il timore, la paura di dire la propria. Quindi, cercare di capire un mondo lontano da se stessi non è semplice, anche perchè il desiderio di farlo non è sempre autentico e curioso se è presente, mentre quando è assente diventa ancora più difficile. Bisognerebbe chiedersi il perchè è assente. Se si volessero fare delle ipotesi si potrebbe dire che tutto nasce dal non voler mutare la propria condizione di essere pensante. Il cambiare idea su un argomento porta a porsi verso quel tema in accordo o in disaccordo e quindi prendere una posizione. Assumere un atteggiamento porta ad esporsi in un verso o nell’altro e per questo non si vuole finire sotto i riflettori, sopratutto su dimensioni che sono ostiche da digerire. La coscienza della società sembra essere talmente aggrappata al non accettare l’eterogeneità del pensiero tanto che sono sempre le stesse persone a spingere verso una cultura varia, persone che non solo capiscono e si informano ma che vogliono sentirsi complete.

I Tabù fanno stare tranquilli? Il sentirsi protetti è il primo desiderio che smuove l’essere umano. Quando qualcosa esce fuori dalla propria comfort zone ci si sente persi, quindi ci si stringe in modo quasi morboso a ciò che fa sentire tranquilli e sereni. E’ vero che tutto ciò che è proibito sembra avere un fascino particolare e stuzzicante, ma mettere in discussione la propria immagine davanti agli altri è la paura maggiore, quindi ci si limita solo a guardare i tabù e lasciarli dove sono. Appena si gira lo sguardo ci si accorge che altri stanno guardando verso una stessa direzione e allora perchè fare di testa propria, perchè continuare verso una strada che ci fa stare soli quando è più comodo percorrere la strada che fanno tutti? Continuare a tenere gli occhi chiusi fa stare al sicuro. La scelta di farlo non è imposta ma è data da se stessi. Si preferisce vivere nella proibizione di dire, di fare, di pensare tutto ciò che viene considerato ‘pericoloso’. Pericoloso per chi? La società improntata su una cultura poco incline all’espressione libera sessuale difficilmente troverà il modo per allontanarsi da schemi e veti. Proprio per questo ci si rifugia nella tranquillità del pensiero comune. Non fare, non dire e non pensare per il buon costume. La visione del buon costume è solo una corazza. Un’armatura che piace e che non si vuole togliere.

Quindi alla domanda i Tabù fanno stare tranquilli? La risposta, mio malgrado e purtroppo, è SI. Una conclusione amara per chi vive tutto nella più libera voglia di esprimersi come vuole.

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L’innaturale Monogamia

Quando si parla di Monogamia sembra quasi inutile soffermarsi a pensare se esiste in natura o meno, perchè è talmente radicata nella cultura e nella mente umana che la risposta sarebbe sempre Si. La maggior parte delle persone risponderebbe che essere Monogami fa parte dell’impegno preso in una relazione, che il rispettare quell’impegno non ha margine di discussione. Credere alla Monogamia spesse volte risulta essere sinonimo di controllo. Sentirsi padroni dell’altra persona, definirsi quasi proprietari di un essere umano, incorniciano i contorni della Monogamia. Altro elemento da considerare è la gelosia che purtroppo diventa linfa della Monogamia. Quindi tutto sembra andare verso una sola direzione, la Monogamia è un costrutto della società, una forzatura. Ciò che di naturale esiste è il desiderio di reinventare la coppia, un’azione che porta a vivere la relazione con un’apertura mentale maggiore. Ci sono talmente tante forme di vivere la coppia che non contemplano la naturalezza della Monogamia. Dallo scambismo alle coppie liberali, in cui si hanno rapporti sessuali con altre persone. Dalla polisessualità al poliamore gerarchico, in cui si passa dalla non esclusività sessuale a dare un valore di importanza graduale alle coppie create. Tutte queste forme hanno un comune denominatore, il consenso dei protagonisti.

Se l’uomo è un animale sociale, se l’essere umano è fatto per stare con le altre persone, perchè la Monogamia è accettata al livello di coppie ma non a livello di relazioni di amicizia? In altre parole, se dovessimo seguire i dogmi della Monogamia anche per tutto il resto avremmo solo un amico, parleremmo solo con quell’amico, vivremmo tutto in modo molto limitativo. La Monogamia risulta una scelta innaturale perchè altrimenti sarebbe presente in ogni ambito della vita. Perchè allora una scelta così forzata da vari elementi è diventata l’unica scelta ammissibile in una società? Forse perchè si è talmente masochisti che si preferisce rimanere ciechi e sordi di fronte alle proprie inclinazioni naturali. Secondo un biologo evoluzionarista non è possibile che un essere umano trovata la persona ‘giusta’ non provi per il resto della sua vita un’attrazione per un altro essere. Biologicamente si è portati a desiderare altre persone, ma con la Monogamia si soffocano i desideri. Questo comportamento, diceva Freud, esprime un disagio che trascina verso la nevrosi. Un aspetto su cui riflettere è la Monogamia dei giorni nostri. E’ una convenzione etica, morale e culturale del momento fino a che una persona non divorzia o si lascia per avere altri rapporti, viene da sè che non si sta parlando di spontaneità o naturalezza Monogama ma dell’unico modo di trovare una parvenza di stabilità e di sicurezza che rende la vita più serena e felice. La Monogamia non contempla la scoperta di sè ma è vista come un rifugiò in cui assicurarsi il proprio posto. Scoprire se stessi porta ad aprirsi mentalmente e a far sì che la relazione stessa si apra a più visioni e si scopra in più orizzonti.

Ma se proprio non ci si vuole spostare dal termine Monogamia, allora perchè non cambiare prospettiva? Perchè non vedere il cerchio semiaperto invece che completamente chiuso?

Ancora convinti che la Monogamia sia una cosa naturale?

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Freni inibitori

I freni inibitori sono un vero e proprio soffocamento degli istinti naturali. I freni camminano mano nella mano con il timore del giudizio, di come si appare e di quello che la gente può dire. Spesse volte i freni abbracciano la paura di svelare una parte di noi stessi che si vuole tenere nascosta ai propri occhi. Non è un caso che i freni inibitori vacillano quando arrivano dall’esterno stimoli come bere un bicchiere di vino o una birra, oppure quando ci si trova immersi in un’atmosfera festosa in cui tutto diventa nebuloso. Sigmund Freud fu il primo a parlare di freni inibitori chiamandoli leggi morali che frenano le azioni. L’ essere umano è portato a dominare le proprie azioni, per il buon senso, per una coscienza mossa dalla ragione, per un benessere personale e altrui. Siamo certi che perderli non regali felicità? Ci siamo mai chiesti quando questi freni inibitori non devono esistere? Cosa comporta eliminare questi freni in alcune occasioni o stili di vita? Sicuramente i freni, come dice la parola stessa, non fanno altro che tenerci legati a certi dogmi, tradizioni o cultura, pur volendo liberarsi da queste catene essi con il tempo diventano macigni ancora più grandi e pesanti, perchè il comportamento deve essere sempre integerrimo. Ma per chi? Per chi ci comportiamo in tal senso? Per noi stessi o per chi ci osserva? Siamo sicuri di valutare se è giusto averli o meno?

Uno dei momenti in cui i freni inibitori devono perdere il loro potere è durante la vita sessuale. La sessualità non dovrebbe essere vissuta con alcun freno, dovrebbe librarsi ad ali spiegate. Di solito per annullare i freni l’alcol diventa un’arma potente, quasi come se anestetizzasse dal resto che ci circonda e da noi stessi, così da non farci pensare a niente e portarci ad agire d’impulso. Se si riflette a quando entriamo in questa condizione quasi tridimensionale, si ammette che la soddisfazione e l’appagamento acquisiscono un valore importante e superiore rispetto alla norma. Però il più delle volte la vergogna diventa figlia del non agire istintivamente e quindi è più facile vivere a metà tutto quello che si desidera. Affidarsi a stimoli esterni come il bere per vivere appieno il sesso, può sfociare in patologia portando squilibrio alla persona stessa. Di solito si giustifica più una condotta del genere che una voglia sessuale. Il perbenismo è padre del vivere a metà. Sembra che i freni inibitori cristallizzino la vita, pianificandola a tavolino con step e regole che piacciono più alla società che a se stessi. E’ l’uomo stesso a censurarsi e a non allentare questi freni interni. Pudore, riservatezza, inibizione, imbarazzo, sono tutti freni inibitori. Di solito si parla senza conoscere ciò che si dice, ma comprendere il significato dei termini è il primo passo per scegliere di vivere una vita appagata. Non voglio entrare nella sfera dei problemi sessuali perchè non sono una studiosa della psiche umana ma una cosa semplice e anche banale da considerare è come tutti i blocchi sessuali derivino da freni inibitori. Sono loro che guidano la vita sessuale e sono ancora loro che annientano la libertà sessuale.

Quindi la mia domanda è: “siete sicuri di vivere senza raccontarvela, o in altre parole, senza ipocrisia?”